Fra' Angelo d'Albenga - Abbazia Benedettina di Finalpia

Abbazia Benedettina Finalpia
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Fra' Angelo d'Albenga

Attualità
(6 novembre 2022)
Nelle scorse settimane abbiamo parlato di alcuni motivi che possono aver portato Carlo V e Clemente VII a venire in devota visita al nostro piccolo Santuario della Madonna di Pia, di appena 15 m. di lunghezza.
Allora, gli onori di casa furono fatti sempre dallo stesso Priore Olivetano Fra’ Angelo di Albenga, che qui era di casa perché proprio a Finalpia era entrato ed aveva vestito l’abito Olivetano (1502) e qui era diventato monaco (1503).
Dopo aver proseguito gli studi a Monte Oliveto Maggiore (SI) ed essere divenuto sacerdote (21 marzo 1511) era tornato, più volte, a Finalpia come Priore.
Nel 1530 era stato anche eletto Abate generale degli Olivetani, per poi ritornare (secondo le Costituzioni Olivetane) come semplice Priore nel nostro monastero. In tale qualità aveva accolto quindi sia Carlo V (1525), che poi Clemente VII (1533).
Ci è noto inoltre che, negli anni successivi al 1533, i monaci Olivetani avevano allungato la nostra chiesa fino ai 35 metri. Questa lunghezza corrisponde anche  all’ultimo pilastro dell’ala sud del nostro chiostro (quello adiacente alla chiesa), con su incisa la data (1563).

Adesso vogliamo esaminare il portone d'ingresso all’edificio del Monastero che si vede al fondo del dell’ala sud del chiostro, guardando da Piazza Abbazia.
Si tramanda che sopra questo portone ci fosse una pittura che celebrava la munificenza dei Marchesi del Carretto per aver fatto costruire questo Monastero olivetano accanto al Santuario.

Purtroppo nel 1799 i monaci Olivetani vennero cacciati (dalla mattina alla sera) dalle truppe di Napoleone e questo monastero fu occupato dai militari francesi. Poi, sempre nel 1800, ai Francesi successero il Piemontesi.
Intanto il funzionamento della nostra chiesa parrocchiale veniva assicurato da vari sacerdoti, alcuni diocesani ed altri religiosi.

Finalmente nel 1905 arrivò stabilmente la nostra Famiglia di Monaci Benedettini Sublacensi.
Così, per più di 100 anni, nessuno si era preso cura di quella pittura celebrativa che si trovava sopra il portone d'ingresso all’edificio, che nel frattempo doveva essersi alquanto deteriorata.

I Sublacensi, oberati dalle spese del ritorno e del ripristino dei locali alle esigenze di una funzionale ripresa di vita monastica, non se la sentirono si sobbarcarsi nel suo oneroso restauro e così la pittura venne coperta con una mano di intonaco e ci si dedicò a cose più urgenti.

È noto che la polvere scopata sotto il tappeto non la si vede più, ma resta!

Chissà se qualcuno – un giorno – leggendo queste righe penserà di ricuperarla (la pittura, non la polvere...),  togliendo i vari strati di intonaco che nel frattempo l’avranno ricoperta, e ne curerà un adeguato restauro…. !
Questa pittura, opportunamente restaurata, potrebbe rivelarsi un lavoro interessante.
I Marchesi Del Carretto non erano una pressoché insignificante famiglia nobiliare qualunque, ma erano Elettori dell’Imperatore del Sacro Romano Impero di Germania e facevano parte della Aristocrazia scelta dell’Impero.
Una pittura che doveva celebrarli non poteva essere stata qualcosa di banale da affidarsi ad un qualsiasi imbratta muri improvvisato.
Un simile ricupero potrebbe rivelarsi, sotto molti aspetti, un’impresa più che stimolante!
(20 novembre 2022)


Lasciamo adesso la pittura sotto gli strati di intonaco della parete di fondo e, scendendo un poco più sotto, iniziamo ad esaminare il Fregio che c’è sopra il Portone d’ingresso.
Al centro, circondato da una aulica ghirlanda vediamo il famoso Monogramma di san Bernardino da Siena IHS.


Chi ha riprodotto questo Monogramma ha aggiunto (come spesso ancora avviene) la figura di una Croce (+) sopra l’asta orizzontale dell’H centrale. Tale aggiunta ne ha complicato la lettura, contribuendo a creare le più fantasiose ed iperboliche interpretazioni sul significato del Monogramma stesso.
Il nostro studioso di storia P.  Gregorio Penco sosteneva che le tre lettere (IHS) non appartenevano né all’alfabeto latino nè tanto meno a quello italiano, ma all’alfabeto greco.
La prima e terza lettera (I - S) sono identiche alle uguali lettere italiane e si pronunciano come si usa in italiano. La lettera centrale (H) è greca e corrisponde alla E italiana.
Quindi la corretta pronuncia del monogramma è IES (suono che richiama il noto yes inglese)
Queste tre lettere non sarebbero altro che le prime tre lettere del nome latino di Gesù: IESUS.

Come si usa nei monogrammi, questo è un conciso segno grafico, composto da appena tre lettere, che intende aiutarci a richiamare nella nostra
mente e nel nostro cuore il Signore.
P. Gregorio Penco era un genovese DOC e come tale non amava i fronzoli, ma preferiva le cose pratiche, dettate dal buon senso.

(20 novembre 2022)

ARIO

È facile che le espressioni latine, che ci sono nelle due tavolette a sinistra ed a destra della ghirlanda con il Monogramma di San Bernardino, sfuggano all’attenzione di un visitatore che ignori il latino o che ne abbia una conoscenza superficiale.
Cercheremo di venire in soccorso riportando chiaramente le parole e spiegandone l’interessante significato.

Prima di proseguire, occorre però precisare che queste due espressioni erano opera di ARIO (256-336), un antico e famoso personaggio.
Ario era il nome di un sacerdote che diede origine ad un’eresia micidiale per la Chiesa cattolica dei primi secoli. (Per maggiori informazioni potete consultare Wikipedia).
Vedremo il perché della presenza di queste espressioni di un pericolosissimo eretico sul portone del nostro Monastero.

Sulla tavoletta di sinistra è scritto chiaramente: ENS EX.


Su quello che c’è scritto sulla tavoletta di destra occorre lavorarci un poco.
Noi vi leggiamo solo un'espressione in forma abbreviata: NO E TE.

Ma se guardate attentamente noterete che ci sono 2 trattini: uno sulla O, un altro sulla E seguente.
Questi segni stanno ad indicare che, per motivi di spazio, si sono omesse delle lettere.
Dopo la O manca una N, dopo la E manca ancora una N.
Quindi sulla tavoletta destra si sarebbe dovuto scrivere: NON ENTE.
Ma lo spazio limitato imponeva quelle abbreviazioni che abbiamo cercato di spiegare.
(27 novembre 2022)

ARIO 2

Devo chiedere scusa se nell’interpretare l'espressione latina a destra della Ghirlanda (con il Monogramma di san Bernardino da Siena) sono incorso in alcune imprecisioni.
L'espressione contratta che vi leggiamo N O E T E, deve essere letta NON ENTE.

RIASSUMENDO
E N S   E X – N O E T E (i 2 testi originali)
ENS EX – NON ENTE (i 2 testi originali sviluppati)

Queste espressioni si riferiscono a Gesù e risalgono alle dispute ariane del IV sec.
Per Ario queste espressioni significavano che Gesù proveniva dal nulla (Ens ex non ente), e che quindi non poteva che essere stato creato
Su questa porta le espressioni sono invece intese in senso ortodosso per la fede cristiana: Gesù non viene dal nulla, perché è eterno.

Ario sapeva incantare con le parole e riusciva ad essere tanto convincente che anche dei vescovi cattolici finirono di considerare più che plausibili i suoi ragionamenti.
Sorse così una chiesa ariana, sedicente cristiana.
Così  fedeli cattolici ed gli ariani erano dotati di una propria gerarchia, sia di vescovi che di sacerdoti.
In Wikipedia vi potete fare un’idea della influenza dell’arianesimo.

Ario non negava la SS.ma Trinità, ma diceva che il Figlio non era affatto Dio, ma solo un uomo eccezionale, favorito da così straordinarie capacità, da riuscire a vincere la morte e divenire immortale.
Nei primi secoli dopo Cristo, il Cristianesimo si diffondeva in un mondo pagano e l’antica religione pagana annoverava molti semidei: personaggi che, nati semplici uomini, erano divenuti delle divinità.
In tale mondo, il messaggio di Ario trovava quindi un terreno fertile per svilupparsi.
Ma Ario, oltre ad essere un abile parlatore, sapeva comporre dei bellissimi canti basati sulla sua dottrina.
Chi ama cantare preferisce normalmente i canti che più dilettano.
Così, in pochi anni, nei porti e sulle navi del bacino mediterraneo risuonavano le voci dei marinai che accompagnavano il loro lavoro proprio con i bei canti composti da Ario.
Inoltre, quando poi i barbari si affacciarono nel mondo romano, si scoprì che molti di essi erano già ariani.
Questa eresia era così seducente che ancora nel VII secolo creava dei problemi.

Nel colto e brillante (sotto molti aspetti) Rinascimento si cercava di ostentare una vasta conoscenza, anche delle antiche problematiche. Le espressioni sibilline, come quelle che abbiamo ora esaminato, parve opportuno che comparissero sul portone di un monastero, perché il problema di un Dio che si fa uomo è sempre vivo in tutte le epoche. Tanto più perché l'ha fatto per morire ...per l'uomo !
…Ma anche oggigiorno non è raro sentir dichiarare in TV (o leggere in non pochi articoli di giornale ed anche in molti libri) che Gesù sia stato veramente un uomo eccezionale, ma non tutti giungono ad accettarne pacificamente la Divinità.

Eppure Gesù è stato esplicito.
«Chi ha visto me ha visto il Padre» Gv 14 , 9
«Io e il Padre siamo una cosa sola» Gv 10, 30

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