Percorsi 1-2-3-4-5 - Abbazia Benedettina di Finalpia

Abbazia Benedettina Finalpia
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Percorsi 1-2-3-4-5

Attualità

Oggi 10 luglio 2022, domenica XV per annum,
Riprendiamo una caratteristica della costruzione del nostro Monastero,
avviata dal Priore Fra’ Angelo di Albenga, all’inizio del 1500.
Era difatti possibile passare dalle camere del dormitorio, situate al primo piano,
fino alla Chiesa, senza dover uscire all’aperto.


Il percorso1
(Pentecoste del 5 giugno 2022)
1) La prima cosa che notiamo dal lato nord del nostro Portale è la data scolpita nell’intradosso, cioè sul soffitto interno del portale: 1522.
Questa data corrisponde al periodo del primo priorato di questo monastero (1518-1523) da parte di Fra' Angelo di Albenga, al quale quindi si deve la costruzione di questo monumentale Portale.
Ma è nel manoscritto della sua autobiografia, composto dallo stesso Fra' Angelo - in quel suo latino rinascimentale (per la verità un poco maccheronico, che pian piano si stava trasformando in italiano) - che ricaviamo ulteriori ed interessanti notizie.

" Ad perpetuam rei memoriam, in Anno M. D. XXXIII. adi cinque de Junio habiamo facto Consecrare … le doe porte de lo Claustro videlicet da la porta del monastero in fine a la Sacrestia et in su fin a la porta del secundo claustro dove he sculpito in. lo freixo La Madona. Santo Hieronymo et Santo [ Benedetto ] …
Lo Episcopo he stato lo Reverendissimo Domino Domino Dominico de la Crovara de Grimaldis. de Genua Episcopo Sabbatense. et Conservatore nostro ".

Quando avvennero le consacrazioni di queste due porte, fra’ Angelo di Albenga era già al terzo priorato di questo cenobio (1532-34) e stava per divenirne il primo Abate (1534).
Qui sotto vediamo anche la Porta del corridoio che, permette il passaggio a vari ambienti: dormitorio, refettorio, orto…


Lato nord del Portale


Intradosso

Porta con il corridoio
2) I monaci potevano scendere, attraverso una scala interna, dal Dormitorio al piano del Refettorio.
Di qui, dopo il pranzo e poi anche dopo la cena, si scostava la tenda ed i monaci attraversavano (in fila indiana e salmodiando il Miserere) la porta sotto il crocifisso e passavano nel locale attiguo.

Refettorio del 2015 con una ceramica del Quaglino, sotto il crocifisso.

Il corridoio del Dormitorio.

Refettorio precedente con
la porta sotto il crocifisso, coperta da una tenda.
Nota1.  La foto del refettorio con la porta sotto il crocifisso, coperta da una tenda, fu scattata da don Andrea Pelliccia (1923-2000) con una Yashica 6x6, nella prima metà del secolo scorso.
Nota2. Un monaco di oltre 80 anni, che entrò in questo monastero nel 1958, dichiara di non avere più fatto il percorso in questione.
Il percorso2
(SS. Trinità del 12 giugno 2022)
3) Noi oggi entriamo nel locale attiguo al refettorio, passando dall’orto del monastero: la porta che metteva in comunicazione i due locali (Refettorio e Locale attiguo) è stata da tempo murata.
Nella sottostante fila di foto, la 1 con la scritta Inferiate, ci mostra una serie di aperture del monastero verso l'orto: La porta marrone del corridoio (per passare al secondo chiostro), Le due finestre del refettorio con inferiate, La porta grigia con tettuccio sporgente di materiale verde, che da nel locale attiguo al refettorio (quello della cisterna).
Nella foto 2 con la scritta Locale attiguo al refettorio si vede nel muro il vano (con inserito uno scaffale metallico) dove un tempo c'era la porta verso il refettorio.
Proprio di fronte alla porta d'ingresso, che dall'orto introduce in questo locale, c'è la foto 3 con la scritta
Porta verso il primo chiostro.
A sinistra di questa porta, ora nascosto da pile di scatoloni, c'è ancora un piccolo pozzo rotondo, che permetteva di tirare su la preziosa acqua piovana, che dal tetto confluiva nella cisterna collocata sotto il pavimento di questo locale.  
Nella foto 4, con la scritta Prima colazione, si vede come appare ora la porta precedente, vista dal porticato del primo chiostro. Questa porta era molto usata dai monaci per fare in questo locale la prima colazione del mattino. Ma quando poi il cellerario don Placido Colabattista (futuro Abate) sistemò a tale scopo (1954) il locale di fronte all'ingresso del refettorio (perché molto più vicino alla cucina), il locale sopra la cisterna cadde in disuso e fu trasformato in magazzino.
Nella foto 5 possiamo vedere la porta della foto 4 proprio al fondo del colonnato di sinistra, con tutte le altre porte (con una finestra) del lato est del chiostro.
Nella foto 6 vediamo il vano dove c'era la porta per comunicare con il Capitolo, dal locale attiguo al refettorio.


Inferiate.
1

Locale attiguo al refettorio.
2

Porta verso il primo chiostro.
3
Prima colazione.
4

A sinistra, al fondo del colonnato, c'è la porta precedente.
5

Vano nel muro con la porta murata che dava nel Capitolo.
6
Il percorso3
(Corpus Domini del 19 giugno 2022)
4) Gli stalli della seguente Sala capitolare hanno una storia.
Poco prima del 1900 si decise  di eliminarli perché roba troppo vecchia.
Così si smontarono e vennero ammassati nel I chiostro, ma non sotto i porticati (sarebbero stati troppo ingombranti), bensì lasciati fuori, alle intemperie.
Ma qualche esperto s’accorse della corbelleria che la mania del nuovo aveva fatto combinare.
Era cioè stata eliminata un’opera d'arte di Antonio da Venezia, un celebre intarsiatore della prima metà del 1500, al quale si dovevano molti lavori conservati preziosamente nella nostra chiesa (come le splendide tarsie della sacrestia). Così gli stalli vennero ricuperati, restaurati e con essi fu arredata la nostra Sala capitolare.
Ma ecco che l’aria nuova che cominciò a tirare con il Concilio Vaticano II, fu tanto male interpretata che la polvere cominciò ad accumularsi su questi stalli, non più utilizzati per la preghiera monastica.

P. Andrea Pelliccia, venuto dalla nativa Subiaco a Finalpia per motivi di salute, ritenne opportuno utilizzare questo locale per farne una mostra sulla vita liturgica dei Monaci benedettini.
Questa mostra scomparve quando venne scoperto lo splendido ed antico portale della Sala capitolare nel 2000, perché l’Abate Romano Cecolin fece di nuovo pulire e più volte  restaurare la Sala per destinarla di nuovo alla recita della preghiera liturgica dei monaci (abitualmente Sesta ed occasionalmente Compieta).
Uno dei motivi per cui oggi viene trascurata è perchè il locale non può essere riscaldato.
Il legno non è un minerale, ma un vegetale, e gli stalli anche dopo 5 secoli, continuano ad essere sensibili ai cambiamenti di temperatura e richiedono una continua (e costosa) assistenza di personale specializzato: solo i tarli possono continuare imperterriti il loro lavoro di distruzione.
Anche l’età di alcuni monaci è più sensibile ad un ambiente non riscaldato, particolarmente quando il tempo diventa freddo ed umido: ma non c’è ancora personale specializzato per eliminare i deleteri effetti sulla salute umana, che il passare del tempo porta con se, specialmente nella stagione invernale.


I mobili (in legno di noce) di questo Capitolo sono opera di Antonio da Venezia (sec. XVI).

Foto stitcher



Vecchia Mostra sulla vita liturgica dei monaci benedettini, del P. Andrea Pelliccia O.S.B


Attuale e funzionale Sala capitolare dell'Abbazia
don Giuseppe Fiorito
Nota dolente...
Domenica 13a per annum
(26/06/2022)
USO FUNEBRE DEL CAPITOLO
 
Quando un monaco muore, la sua bara viene abitualmente esposta nel Capitolo.
Qui vengono i monaci ed i parrocchiani per una personale preghiera ed un saluto.
Qui ci riuniamo comunitariamente (monaci con parrocchiani) per recitare il s. Rosario, dopo le 20,30, fino al giorno della sepoltura.
A volte la bara è stata esposta nell'adiacente Salone delle conferenze, molto più capiente.
5- Bara dell'Abate Emerito P. Placido (1919-2016).
8- P. Mauro Ballatori (+27/03/2018) richiese la riesumazione di Fra Bonifacio Pelassa, (1930-1961) - morto improvvisamente per problemi cardiaci.
Con grande sorpresa il corpo di Fra Bonifacio risultò integro (dopo 56 anni) e dovette essere cremato.
9. 1-Fra Bonifacio Pelassa
9.2 Urna con le ceneri di Fra Bonifacio fotografata sul muretto del chiostro, davanti all'ingresso del Capitolo.
10-Due Abati e Cinque monaci al Cimitero il 06-02-2006, con la Scolastica Pelliccia, che aveva il fratello P. Andrea Pelliccia, che già quivi riposava dal 2000.
Veramente fino a poco fa eravamo ancora in 2 nella lista di attesa per passare nel numero dei più. Ma ecco che, proprio la sera del 23 giugno c.a., anche don Giuseppe Fiorito (che in questa foto vediamo defilato, contro il muretto di fondo, tra don Carlo e don Michele) si è trasferito e quatto quatto è entrato nel mondo dei più. Sit tibi pax frater dilecte !

5

Abate Placido

8

9.1

9.2




10



Ildebrando Minzolini
Abbiamo visto che P. Mauro prese il posto di Fra Bonifacio, che dovette essere cremato perché ancora integro (dopo 60 anni dalla sua sepoltura): ne abbiamo anche visto la particolare urna, che ne raccolse le ceneri.

Ma di chi prese il posto l’Abate Placido?
Di P. Ildebrando Minzolini, la cui vita vale la pena narrare, anche se solo per sommi capi.
Era nato nel 1890 e riuscì a a vivere in un periodo particolarmente bellicoso...
 
Entrato giovanissimo a Finalpia, appena aperta (1905), emise la Professione religiosa il 12 marzo 1907. Compì gli studi liceali e teologici in Monastero. Dovette poi sospendere gli studi per il servizio militare, prima per la guerra Libica del 1911 (a 21 anni) e poi per partecipare alla Prima guerra mondiale del 1915-18. Ritornato definitivamente in monastero, completò gli studi e fu ordinato Sacerdote l’8 dicembre 1920.

Per la sua intelligenza aperta e per la sua profonda cultura e il tuo buon senso fu destinato all’insegnamento in Monastero e fuori. Insegnò per molti anni Liturgia, Storia ecclesiastica e Diritto canonico nel Seminario vescovile di Albenga, e fece parte del Tribunale Ecclesiastico di Savona.
All’insegnamento unì la Direzione della Rivista Liturgica, collaborando con molti articoli e la curò sino al 1940, quando fu di nuovo chiamato al servizio militare come cappellano, prestando la sua opera presso l’ospedale militate Lancia a Finalpia.
 
Fu per molti anni Cellerario economo del monastero, e la sua aspirazione e preoccupazione fu quella di completare la costruzione del Monastero. Con una operosità encomiabile lavorò egli stesso in mezzo a difficoltà e sofferenze d'ogni genere, dati i momenti critici della guerra (1940-45). Cassetta con i resti di P. Minzolini nel Capitolo   >>
Completò il secondo chiostro nel 1943 e mise mano alla ricostruzione dopo il bombardamento del settembre 1944. Con tenacia e in mezzo a mille difficoltà burocratiche e finanziarie poté vedere compiuta questa sua fatica. Ma quanti passi, quante preghiere e molte volte quante umiliazioni e lacrime gli costò questo lavoro.
 
Eppure in mezzo a tanta operosità, trovava il tempo di accogliere chi si presentava a lui per consiglio, conforto ed aiuto. Solo il Signore può misurare il bene che in silenzio ha seminato.. Aveva sempre per tutti una parola appropriata, serena, pacificatrice.
<<Ingrandimento della Cassetta sei resti di P. Minzolini dopo 65 anni dalla sua tumulazione.
Il Signore lo chiamò a sé dopo due mesi di una dolorosa malattia, sopportata con cristiana rassegnazione all'età di 67 anni, nel 1957
I suoi funerali hanno dimostrato come egli fosse stimato ed amato.

Egli ha lasciato nella Comunità di Finalpia un largo vuoto, colmato dalla fede e dalla speranza che continui la tua opera dal Cielo e dal beato giorno in cui, risorti in Cristo, ci potreno riabbracciare.

don Giuseppe Fiorito (1939-2022)
Il 23 giugno di quest’anno ci ha preceduti nell’ultimo viaggio don Giuseppe Fiorito.
Qui lo possiamo vedere il giorno della sua professione solenne  (11/07/2005).
 
Mentre ancora faceva i tradizionali due passi, grazie alla gentilezza del sig. Luigi.
 
C’è anche il ricordo della sosta fatta della sua bara nel nostro Capitolo.
La trasformazione liturgica del 2005
Nel 2005 la Settimana Santa cadde dal 20 al 27 marzo: Domenica delle Palme il 20 e la Santa Pasqua il 27. L’unico luogo utilizzabile per il Sepolcro del Giovedì Santo (24 marzo) si rivelò il Capitolo.


La Chiesa non dava speranze.


Non molto meglio la sacrestia.













Qualche speranza c'era nel Capitolo.
E Capitolo fu!


Il percorso4
(Domenica 14a per annum del 3 luglio 2022)
Dal Capitolo, al centro della parete di destra (proprio di fonte all'antica porta per il locale della cisterna sotterranea), si apriva una porta in quello che doveva essere il Salone di Rappresentanza del Monastero.
In questo locale si sarebbero potuti ricevere i ragguardevoli personaggi (aristocratici civili ed ecclesiastici) che venivano a farci visita – sia individualmente che in gruppo.  
Nella nostra Chiesa-Santuario vennero, oltre che all’imperatore Carlo V ed a vari Papi, personaggi di alta nobiltà (uomini e donne) che oltre a pregare la celebre Madonna di Pia, avevano anche bisogno di trovarvi un'accoglienza adeguata al loro alto lignaggio.
Il Monastero faceva parte di questo mondo e pur dovendo presentarsi con semplicità era necessario che avesse un certo stile. Un mondo dedito alla preghiera doveva pur sapersi presentare con appropriato buon gusto, specialmente nel
Rinascimento in cui nasceva.
L’ampio Salone di rappresentanza poteva servire anche per riunioni, conferenze ed esecuzioni musicali di Piccoli gruppi musicali da Camera. Il Parini quando parlerà dell’annoiato giovin signore che si trastullava a passare il tempo in banalità, seguiva volutamente una vena ironica. Ma così facendo non rendeva giustizia all’intelligenza ed all’impegno ai non rari giovani membri di grandi casati. In una casa possono esserci scapestrati/e, ma i figli non tutti così. C'erano anche dei giovani patrizi che si preparavano ad assumere le loro responsabilità nella vita sotto da guida di saggi precettori che li educavano con un polso fermo.  Anche un'appropriata formazione musicale faceva parte dell'educazione dei giovani aristocratici e non solo quella che poteva servire a muoversi disinvoltamente nei balli di società. Alcuni di loro si cimentavano nell’apprendere a suonare abilmente, anche in gruppo, qualche strumento musicale, per puro diletto personale. E' rimasto celebre il Concerto per flauto ed arpa K 299 composto da Mozart nel 1778 a Parigi per il duca di Guines e la sua figliola, discreta arpista. Qui le sonorità dell'arpa si fondono in amabile dialogo con il flauto, suonato dal duca: domande e risposte sostenute da una orchestra piccola di numero, ma molto partecipe. La musica da camera (duo, trio, quartetto) permette di esibirsi in  casa ed a volte con vera bravura.
Santa Teresa d'Avila, anch'essa di nobili origini, aveva appreso a suonare bene la chitarra. Così capitò che, quando avvertiva che nel suo monastero l'umore era giù di tono, ne imbracciava una e con il suono ed il canto trascinava tutte le presenti, rasserenando l'ambiente.

Dato che all’origine della Congregazione Olivetana, c’era un gruppo d patrizi (nobili) senesi, molte casate di rango guardavano con particolare simpatia a questi religiosi dal candido abito che avrebbero potuto un giorno accogliere tra i loro membri anche qualcuno del proprio casato.
È noto che nelle famiglie aristocratiche il primogenito ereditava con il titolo nobiliare
anche tutto il patrimonio famigliare
. Ai fratelli (cadetti) non restava che entrare a servizio del re o di qualche potente nobile personaggio, oppure scegliere tra la carriera militare o la vita ecclesiastica (meno pericolosa di quella delle armi e pur sempre in grado di procurare (ai più fortunati e capaci) posizioni di tale prestigio da non escludere nemmeno la Tiara pontificia.
A chi non sentiva la vocazione valeva sempre l’aureo ed arduo consiglio di Sant’Agostino: “Non es vocatus? Fac ut voceris” (Non ti senti chiamato? Fa in modo di esserlo): cioè prega il Signore ed impegnati a fondo.

Secondo la Regola di S. Benedetto la porta del Monastero era aperta a tutti gli uomini:
schiavi -liberati o riscattati, servi o padroni, nobili o plebei). Ma quando si veniva accettati come monaci tutti si rivestivano della dignità più alta:
Gesù li accoglieva come fratelli.
Ciò che si era stati prima non era più di alcun conto, davanti al Signore che si aveva scelto di seguire, perché è sempre Lui che ci sceglie per primo....

Adesso entriamo finalmente nel Salone delle Conferenze.
Dopo il bombardamento alleato del settembre 1944, anche questo locale ha perso il suo fascino originale, per l’uso massiccio del cemento armato occorso per rimetterlo in sesto. I cassettoni in cemento armato del soffitto non sono che un palliativo dei preziosi cassettoni ornati, che ancora ornano i soffitti delle case ancora integralmente Rinascimentali.


 
Il percorso5
(Domenica 15a per annum del 10 luglio 2022)
Una peculiarità del nostro Monastero
Dalle camere del dormitorio del primo piano, fino alla Chiesa, senza dover uscire all’aperto.
Questa caratteristica oltre che soddisfare la vita di clausura, propria della vita benedettina, era anche un ottimo sistema per tutelare la salute di chi doveva, (per vari motivi) riguardarsi nella stagione fredda.
C’era inoltre il risvolto pratico di garantire una maggior pulizia dei locali della casa, poiché i porticati dei chiostri (man mano che comparivano) rimasero per secoli in terra battuta.
Per la verità, ho visto una fotografia, riportata in una pubblicazione, dove si vedeva il porticato dell’ala sud (quella che è adiacente alla chiesa) con il suolo di ciottolato e con due file parallele di lastre di pietra (per le ruote delle carrozze), che risaliva dall’ingresso principale dell’Abbazia (in Piazza Abbazia) fino alla porta che introduce nell’ambiente dello Scalone e del Salone di rappresentanza (oggi Sala delle conferenze).
Non sarebbe stato possibile percorrere questo tragitto con una carrozza a quattro ruote, magari con un tiro a due o più cavalli, perché non ci sarebbe stato spazio per farla girare per ritornare indietro.
Dei leggeri calessi (a 2 ruote) dalle stanghe ridotte, e con una sola cavalcatura, avrebbero potuto portare comodamente due persone  fino alla porta d’ingresso all’edificio per poi più facilmente girare, per tornare indietro. Sappiamo che qualche Papa arrivò al nostro santuario anche in portantina, ma per l’età avanzata ed in pieno medioevo. Anche se le portantine non erano rare (per certi personaggi) ancora nel 1700.
 
La lastricatura del suolo dei chiostri avvenne solo dopo la II guerra mondiale, verso la metà degli anni ‘50.
Perciò nel 1500, dal dormitorio, si poteva raggiungere la Chiesa, per le funzioni liturgiche (S. Messa e preghiera del Breviario), senza dover uscire all’aperto.
 
Ovviamente questo percorso era agevolmente percorribile anche in senso inverso, cioè dalla chiesa alle camere dei monaci del dormitorio.
 

Il percorso6
(Dal portone sulla Piazza dell'Abbazia alla porta principale d'ingresso all'edificio del primo chiostro)
(Continua)

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