P. Giovanni - Abbazia Benedettina di Finalpia

Abbazia Benedettina Finalpia
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P. Giovanni

Abbazia > Lutti

P. D. ROMANO AMANI (1939 – 2022)
Don Giovanni
Don Giovanni era nato a Gropparello (PC) il 21 settembre 1939, fu accettato nel Monastero di Santa Maria di Finalpia il 14 maggio 1955, perciò era già un giovane di 16 anni, con le idee molto chiare circa la sua intenzione di dedicarsi alla vita monastica. Così il 27 settembre 1959, terminato il postulandato, a vent’anni vestì l’abito del novizio.
Si dedicò quindi agli studi nei Monasteri di Genova e di Parma ed infine frequentò la Teologia pressò l’Istituto Universitario di Sant’Anselmo a Roma.
Là, tra gli altri, c’erano come insegnanti anche due monaci di Finalpia: il
P. Gregorio Penco (Scienze monastiche) ed il celebre P. Salvatore Marsili (Liturgia).
Il 14 maggio 1972 divenne sacerdote.
Quel giorno vi fu una felice congiunzione: nella stessa Messa della sua Ordinazione sacerdotale, il P. Salvatore Marsili riceveva la Benedizione abbaziale, divenendo il terzo Abate di Finalpia.
Un buon viatico per una buona vita monastica.

Don Giovanni è stato infaticabile: ha incarnato il “labora” con vero spirito di servizio.
Incaricato ad interessarsi dell’apiario, si occupò di questa incombenza con generosità: basti pensare alle
levatacce in piena notte e alle centinaia di chilometri che percorreva per andare a posizionare le sue arnie. Infatti l’inseguire le fioriture ha sempre richiesto fatiche fisiche e mentali non indifferenti.  Oltre a ciò ha sempre seguito i corsi di aggiornamento perché il mondo dell’alveare è un microcosmo molto complesso e delicato.
Attraverso un duro lavoro ed una organizzazione sempre più raffinata, riuscì a far passare il nostro settore dell’apicoltura da una dimensione artigianale ad una dimensione regionale e infine nazionale.

Ma non c’è stato solo il miele nella sua vita.
È stato impegnato anche nella cura pastorale delle Comunità dei Vezzi, che hanno potuto beneficiare delle idee di questo nostro confratello.

Nel nostro Monastero don Giovanni fu – per decenni – Economo (che San Benedetto chiama Cellerario), gestendo in nome dell’Abate, con serietà ed umanità, le faccende economiche del Monastero e le necessità dei Monaci.

La caratteristica che però lo ha contraddistingueva era la sua ferrea calma. Mai sopra le righe, parlava con una serenità che faceva della logica spicciola la sua punta di diamante. Cercava di aiutare chiunque colpisse il suo cuore anche andando contro al perbenismo di facciata.
 
Non si preoccupava delle malelingue, era disposto ad offrire il suo aiuto a chiunque stimolasse la sua sensibilità di pastore. Sempre molto riservato e pacato, la sua voce aveva il timbro della serenità.
 
Anche se è sempre stato al centro di parecchie iniziative, di grande valore sociale e culturale, la sua timidezza e il suo essere schivo non impedivano che infine, propio lui, fosse un elemento fondamentale sul quale poggiare nelle difficoltà che affioravano ad ogni momento.
 
Certo, come tutti noi esseri umani, ha avuto le sue fragilità, ma non ha mai perso di vista il faro verso il quale dirigere la sua nave.
Il Signore Gesù dice: «Venite a me, voi che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro»... vi darò respiro...
La malattia, di questi ultimi giorni, ha oppresso e stancato Don Giovanni, ha reso il suo respiro sempre più affannoso, fino a quando è venuto meno, ma ora – ce l’auguriamo di cuore – la sua vita è accolta e trova finalmente respiro in Dio. In Dio trova riposo, in Dio ritrova il respiro, in Dio ritrova finalmente tutta la voce necessaria per cantare anche quei salmi che ha pregato fino a quando ha potuto.
 
Buona raccolta, caro confratello, che il miele dell’eternità stilli sul tuo capo, ricolmandoti delle grazie che hai saputo conquistarti in questa vita.
Te Christus in sua pace, frater dilectissime !
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