Madonna del latte con santi - Abbazia Benedettina di Finalpia

Abbazia Benedettina Finalpia
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Madonna del latte con santi

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     2-MADONNA DEL LATTE
(clicca sulle foto)

Leggiamo in un inventario del 1770 che in sacrestia  c’era un altare di stucco con sopra un gruppo robbiano con l’Immagine della B. Vergine ed alcuni Santi [1]. In quelle pagine si precisava che nel 1760 erano stati fatti importanti lavori nella nuova sacrestia e che in quel medesimo tempo, oltre a ricuperare dalla vecchia sacrestia la ceramica robbiana, si erano anche adattate le spalliere (dei seggi del coro), lavorate da Fra Antonio da Venezia: quei sei splendidi lavori d’intarsio che noi oggi chiamiamo tarsie.
Oggi in sacrestia quelle tarsie ci sono sempre (e recentemente restaurate), ma - contro la parete sud - al posto dell’altare di stucco c’è un massiccio bancone di noce contenente attrezzature di sacrestia, e sopra questo bancone - appese alla parete - ci sono tre vetrinette  con un buon numero di reliquie.
 
Più in alto, tutta la parete è dominata dalla Madonna del latte, con due Santi inginocchiati ai lati: quello a sinistra più anziano, quello a destra più giovane.
Sia la Madonna del latte che i 2 santi sono Robbiane (1520-1525, circa), attribuite alla Bottega di Giovanni della Robbia.
 

Esaminiamole singolarmente  
La Madonna del latte è in una nicchia, adorna di un festone vegetale carico di frutti e fogliami. Si tratta di una statua di
Maria con Gesù bambino e (sopra la statua) distende le ali una colomba, simbolo dello Spirito Santo.
La Madonna è rappresentata seduta, con il Bambino sulle ginocchia, ma con una spiccata particolarità: Maria sta porgendo al Bimbo il proprio capezzolo destro.
Le prime rappresentazioni iconografiche ufficiali della "Madonna del Latte" si ritrovano nell'Egitto del VI o VII secolo dopo Cristo (quindi ormai cristianizzato) dove Maria è già ritratta mentre allatta Gesù Bambino od è in procinto di farlo.
Ma si tratta ancora di immagini molto stilizzate che soprattutto alludono più che mostrare.
E' nel primo Trecento che la rappresentazione iconografica della "Madonna del latte" perde le proprie caratteristiche stilizzate a favore di una rappresentazione più realistica.
L'umanizzazione della Madonna e del bambino incontrò il favore dei fedeli e la sacralizzazione dell'atto di allattare un bambino convinse le donne ad identificarsi maggiormente coinvolgendole anche emotivamente.
Il culto della Madonna del Latte si diffuse in tutta Europa e soprattutto nelle campagne.



Per circa due secoli numerosi furono gli artisti famosi che si cimentarono nella sacra rappresentazione.
Basti un nome: Leonardo da Vinci, con la sua celebre Madonna Litta (Museo dell’Hermitage, san Pietroburgo).
Fu il Concilio di Trento  (iniziato nel 1543) che considerò sconvenienti queste immagini, perché le rappresentazioni di Maria a seno scoperto potevano distogliere i fedeli dalla preghiera.
Così gli artisti smisero di occuparsi di tale soggetto, che – per ovvi motivi – non sarebbe più stato richiesto.
Ma di quei lontani secoli qualche opera di tale genere è stata conservata, come è avvenuto in questa nostra piccola abbazia, dove pur sono passati, re ed Imperatori, cardinali e Papi. (Qui a sinistra
Madonna Litta).
 


Un problema
(o, forse più d'uno...)
C’è ancora un problema sui due personaggi che vediamo inginocchiati a lato della Madonna del latte.
Circa l’identità del più giovane (quello di destra) non ci sono dubbi: si tratta dell’Evangelista S. Giovanni: è l’unico che riporta l’episodio delle Nozze di Cana, dove l’intercessione di Maria giocò un ruolo importante nel dare l’avvio alla missione pubblica di Gesù (ed anche nel risolvere l’imbarazzante problema della mancanza del vino a quel banchetto nuziale). Inoltre è proprio al giovane apostolo Giovanni che Gesù, morente in croce, affidò sua Madre.
E lui se ne prese cura, come un figlio.
E da quell’ora il discepolo l’accolse con se, come leggiamo in Gv 19, 27.
 
 

Ma, sull’identità del più anziano (quello di sinistra) si discute da secoli tra due evangelisti : si tratta di Luca oppure di Matteo?

Luca parla molto della Madonna, già prima della nascita del Bambino, e poi dell’infanzia di Gesù.
Solo lui riferisce dell’angoscia di Maria e Giuseppe per lo smarrimento del Figlio dodicenne a Gerusalemme.
Tutte informazioni molto personali che doveva aver ricevuto direttamente da Maria.
-Però Luca non era un ebreo, ma un pagano (probabilmente di Antiochia in Siria) di cultura greca.
Era stato uno dei primi convertiti
al cristianesimo e che, con esemplare entusiasmo, si era messo a scriverne, per farlo conoscere: a lui difatti si devono, oltre che al suo Vangelo, anche gli Atti degli Apostoli: una narrazione delle traversie e dei successi della chiesa che muoveva i suoi primi passi nell’epoca apostolica.  
-Matteo invece è un'autentico ebreo, chiamato personalmente da Gesù, quando ancora era un pubblico peccatore: faceva il gabelliere (l’esattore delle tasse), per conto degli odiati Romani.
Lui narra nel suo Vangelo le esperienze personali avute nei tre anni trascorsi con Gesù e gli altri 11 apostoli, viaggiando su e giù per la Palestina e dintorni. Era stato testimone oculare di molti episodi della vita di Gesù e ne aveva udito personalmente molte parole e discorsi. Conosce, inoltre, molti fatti che coinvolgono la Madonna: nascita di Gesù a Betlemme, i pastori, i re Magi, la misteriosa stella d’Oriente, Erode, la strage degli innocenti, la fuga in Egitto, il ritorno della famiglia in Palestina ed il suo stabilirsi a Nazaret.

La questione quindi rimane aperta !
 
Una volta chiesi al nostro noto storico e monaco di Finalpia, P. Gregorio Penco, cosa personalmente ne pensasse.
Mi spiazzò rispondendomi che c’era anche un’altra ipotesi: il più vecchio potrebbe rappresentare il Vecchio Testamento e d il più giovane il Nuovo Testamento
Veterum sapientia vel prudentia ? (... quando P. Penco diede questa risposta veleggiava beato (e prudente) oltre gli 80 anni)

NOTA FINALE,
 La corona in alto, dalla quale partono due tendaggi - a modo di sipario; gli angeli volanti, con putti vari… sono tutte sovrastrutture sceniche settecentesche, che rispondono i gusti di un’epoca molto interessante, ma che è tutt'altra cosa dalla cultura rinascimentale che produsse opere come le nostre Robbiane.
 

 
[1] Cfr. G. Salvi, Il santuario di Nostra Signora in Finalpia, su documenti inediti, Subiaco, 1910, p. 51-52
 
 
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